Le relazioni interpersonali ci tengono impegnati per la maggior parte delle nostre giornate.
Se pensiamo allo stress come alla quantità di energia che impieghiamo per “adattarci” agli stimoli esterni è evidente che avere relazioni piacevoli ci “semplifica” la vita, mentre invece, sostenere una relazione difficile o pesante diventa una fonte di stress (pensate a quanto vi sudavano le mani sotto interrogazione a scuola o quanto vi sentite invece leggeri a prendere una birra con gli amici la sera).
Il percorso per arrivare a relazioni pienamente soddisfacenti e libere è lungo e passa da una maggiore consapevolezza di noi stessi, ma possiamo comunque tentare di proporre qualche utile consiglio per iniziare a migliorare già da ora.
Ricordati prima di tutto che le nostre relazioni dipendono almeno per il 50% da noi!
Non è “tutta colpa” dell’altro se litigo costantemente con il mio collega o se il mio partner non mi capisce.
C’è sicuramente qualche cosa che posso fare io, per migliorare il rapporto.
Ecco tre suggerimenti per procedere:
ESSERE AUTENTICI
Se vogliamo che le nostre relazioni siano meno “stressanti” dobbiamo per forza partire dalla semplicità, perché essere se stessi richiede meno dispendio di energie.
Ogni giorno, nelle varie situazioni, noi ci vestiamo di tanti “abiti” quanti sono i nostri atteggiamenti e i nostri ruoli (sociali e professionali: siamo mogli, mariti, figli, genitori, amici, professionisti, impiegati, etc…).
Facciamo due esempi:
- immaginiamo di essere un professionista affermato che, anche dopo la pensione, continua ugualmente a recarsi ogni giorno sul posto di lavoro. Negli anni si è talmente “identificato” con il suo ruolo professionale che ha dimenticato di poter essere anche qualche cosa di diverso.
- Il secondo esempio riguarda invece chi si sente “il burlone” della compagnia, di colui che in ogni gruppo e ad ogni occasione la butta sul ridere per sdrammatizzare e far simpatia. Il giorno in cui il burlone si sente triste, per qualche ragione, potrebbe sentirsi talmente “identificato” con la sua maschera da non darsi la possibilità di esprimere la tristezza (e a volte nemmeno di percepirla). Per autenticità quindi intendiamo la capacità di essere veramente noi stessi, al di là delle “maschere” che tendiamo a costruirci per sentirci “accettati” e trovare il nostro posto nel Mondo.
[ATTENZIONE! In tempi in cui i social hanno reso la nostra comunicazione veloce e “smart” a volte rischiamo di confondere l’autenticità con la mancanza di autocontrollo. Es. sono autentico se dico sempre quello che penso. La vera autenticità non mi “vincola” ad un’immagine che voglio dare di me, ma mi permette di essere fluida nel mio agire proprio perché è spontanea e aderente con la mia essenza.]
SINCERITA’
Immaginiamo la scena: la mia amica Camilla che non vedo da un mese mi chiede di uscire. A me farebbe piacere vederla ma è stata una giornata pesante, sono molto stanca e non vedo l’ora di coricarmi o di rilassarmi sul divano. Allora per “non offenderla” mi invento qualche scusa, che poi dovrò ricordarmi per non fare brutta figura la volta successiva, etc. A sua volta Camilla mi ha chiesto di uscire solo perché pensa che io potrei offendermi se lei non lo fa, perché anche lei avrebbe altri progetti per la serata. Si crea un circolo vizioso di scuse, bugie, una rete che ci “imprigiona” per paura… di cosa? Di offendere l’altro.
La sincerità libera da molte costruzioni mentali: spesso pensiamo che l’altro sia uguale a noi, cioè che si possa offendere per qualcosa che a noi darebbe fastidio. Risultato: entrambe stiamo facendo qualcosa controvoglia, solo per non aver avuto la “sincerità” di dire, in maniera amorevole: Matilde, ti voglio molto bene ma oggi non mi va di uscire. Diamo all’altro la possibilità di sorprenderci.
Allora questo significa che possiamo sempre dire la verità su tutto? SI e NO…
Chiediamoci:
- cioè che sto per dire è utile a me o all’altro?
- alimenta malintesi o dicerie?
- parlerò in modo amorevole?
PARLIAMO CON AMOREVOLEZZA
Consideriamo che le parole possono modificare in noi sia aree cerebrali che somatiche (sia quelle pronunciate che quelle ascoltate). Hanno il potere di farci star bene o di creare disagio.
E’ importante quindi scegliere attentamente le parole e la modalità che abbiamo di esprimerle, non solo per “non offendere” ma anche per il mio personale benessere.
A volte, prima ancora di scegliere, è difficile trovare il coraggio di parlare. Non so a voi, ma a me capita a volte di “non dire” all’altro quando mi sento offesa, o a disagio, per paura di offenderlo. Non dico quando sono arrabbiata, ma lo tengo per me, sperando silenziosamente che l’altro se ne accorga e che agisca di conseguenza (ma magari l’altro nemmeno ci pensa che ciò che sta facendo può offendermi o ferirmi). E così finisce che non dico nulla, che trattengo dentro fino a quando non ne posso più e di colpo la rabbia esplode tutta insieme, con conseguenze peggiori.
Quando parlo di amorevolezza parlo appunto di questo: dire in modo amorevole ma fermo ciò che provo.
Se dico: “il tuo atteggiamento scatena in me la rabbia”, non sto “accusando” l’altro, sto semplicemente affermando il mio sentimento e che quindi c’è un problema. Sto chiedendo aiuto per risolvere un disagio insieme. E questo è molto più semplice da gestire rispetto ad una “sfuriata” che rischia di rovinare una relazione.
Il piccolo consiglio con cui voglio lasciarvi è quindi questo: per fare in modo che le nostre relazioni non siano stressanti ma utili e serene dirigiamo bene l’energia che investiamo, invece di sostenere maschere e congetture che non ci sono utili, poniamo attenzione alla nostra comunicazione, prediligendo sempre la semplicità e la sincerità amorevole.
Cecilia Cella – facilitatrice della relazione d’aiuto