Ciao a tutti, sono Sara, infermiera e titolare di Medea Salute.
Volevo raccontarvi quella che è stata la personale esperienza che mi ha portata ad aprire un Ambulatorio Infermieristico. Molti colleghi mi contattano per sapere quale stata la mia motivazione ispirante e sono interessati a sapere quale è stato il mio percorso. Così, eccomi qui a raccontarvela.
Partiamo dalle origini.
Mi sono laureata nel 2011 al Rosmini, università di Infermieristica di Torino.
In quel periodo non era facile trovare lavoro per noi infermieri, come lo è adesso. Subito dopo la Laurea ho iniziato a fare la pallina da Ping Pong tra un posto di lavoro e l’altro con contratti a tempo determinato di 2- 4 mesi. Mi affidavo alle agenzie interinali sperando di avere in qualche modo una sorta di stabilità economica. Ho avuto varie esperienze sia ospedaliere che private fino a rimanere nuovamente disoccupata per un lungo anno. In questo anno ho fatto altri lavori come commessa e segretaria.
Ad un certo punto decisi di aprire la Partita Iva, tirarmi su le maniche e cercare in tutti i modi di fare quello per cui avevo studiato. Dopo un po’ di mesi di lavoro domiciliare e notti in ospedale, lavoravo senza orari pur di guadagnare qualcosa, ero esausta e ad essere onesti era più quello che spendevo che quello che guadagnavo.
Ho trovato, in seguito, un lavoro in una RSA come libera professionista, in cui a tutti gli effetti libera professionista non ero. Questa esperienza di un anno è stata seguita da un’altra esperienza di 6 mesi in un’altra RSA in cui ero diventata, come nella prima, un burattino nelle mani di un sistema rigido e calcolato. In turno da soli dovevamo seguire 120 pazienti su due reparti locati su due piani ( so che per molti colleghi non sto dicendo nulla di nuovo), la responsabilità della struttura era tutta su di te e, la direzione, riusciva ancora a lamentarsi perché non finivi in ‘orario’.
La pazienza era arrivata al limite, nessun rispetto per la professione, nessun rispetto per noi. Non avevamo un’identità, solo forza lavoro.
Eppure abbiamo a che fare con anziani e malati, persone bisognose in difficoltà, ma questo non importava. C’erano tutte le condizioni per lavorare male, per rischiare di effettuare errori e dimenticarsi qualche passaggio.
La cosa che più mi faceva male era notare che in me stessa qualcosa era cambiato.
Lo stress lavorativo mi aveva fatto diventare poco tollerante e spesso nervosa. Il turno lo affrontavo con una certa dose di tensione, anche perché nonostante la libera professione, eravamo controllati e rimproverati come se fossimo dei dipendenti, senza contare delle condizioni in cui stavamo lavorando. A Novembre 2015, arrivò un cambiamento: taglio del personale (ulteriore) e così rimasi nuovamente senza lavoro.
Era un po’ di tempo che mi balenava in testa l’idea di creare qualcosa di nuovo, ma mi ero detta più volte ‘ in Italia non si può fare una cosa del genere’. Probabilmente quando mi trovai in quella situazione esasperata, era più grande la paura di ritrovarmi in un sistema lavorativo come quelli vissuti, piuttosto che la paura di buttarmi nella creazione di qualcosa di mio, qualcosa in cui credevo. Poteva funzionare, in Italia c’è un buco enorme per quanto riguarda l’assistenza sul territorio.
Non so bene cosa mi sia scattato dentro, ma una grandissima spinta interiore mi ha fatto decidere con fermezza.
Non ci pensai un momento di più. Senza pensare troppo ai se e ai ma, iniziai a cercare tutte le informazioni necessarie per iniziare questa nuova avventura, che vi posso assicurare, non è stata semplice. Non avevo bene idea da dove iniziare, anche perchè all’epoca non avevo punti di riferimento o realtà a cui ispirarmi.
Ho iniziato a fare i miei giri nei vari uffici del Comune ma nessuno riusciva a darmi informazioni.
Alla parola ‘Ambulatorio Infermieristico’, trovavo facce perplesse e sguardi allucinati come se fossi un’aliena. Dal comune uscii senza una risposta, mi mandarono all’ASL e, cambiando vari uffici, finalmente trovai una persona che riuscì a darmi la giusta direzione e risposta in merito al mio quesito e quindi passai all’azione con un po’ più di tranquillità.
Per chi volesse aprire una realtà simile vorrei aprire una piccola parentesi. Oggi forse si trova più documentazione e riferimenti ma, vorrei comunque approfondire una cosa: ogni sito o informazione riguardante l’apertura di un ambulatorio infermieristico riporta l’articolo 193 RD 27 luglio 1934 n.1265 che prescrive: ‘ nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico, case o pensioni per gestanti, senza speciale autorizzazione del sindaco, il quale la concede dopo aver sentito il parere del consiglio provinciale di sanità: alla luce di tale disposto, pertanto, il titolare dell’ambulatorio dovrà preliminarmente presentare al Comune in cui avrà sede l’ambulatorio medesimo domanda di autorizzazione di apertura.’ A parte l’anzianità dell’articolo che fa pensare alla poca attualità dell’argomento; questo articolo a mio avviso non parla di Ambulatorio Infermieristico e, anche se così fosse, portare questo articolo in comune e sentirsi dire che non ne sanno nulla, mi fa pensare che sia evidente la presenza di una grande confusione in merito. Una confusione che ho compreso solo dopo che è dettata non solo dalla disinformazione, ma anche nel disinteresse da parte degli enti ufficiali nel fare chiarezza su questo argomento.
Senza farmi intimorire troppo e con la fiducia dell’informazione datami dall’ASL e dal mio ordine professionale, passai così alla ricerca di un locale senza barriere architettoniche (cosa difficilissima da trovare in Torino) e con tutti i criteri strutturali.
Già immaginavo tutto. Nella mia testa era già tutto chiaro e ben definito.
Una volta trovato il locale, iniziai a pulire, fare divisioni strutturali necessarie, arredare e comprare materiale. E qui iniziai a notare che quello che mi uscì dalle tasche era una somma non indifferente. La componente economica non è mai stata semplice da gestire, ma tutto si dimensiona in relazione al tipo di realtà che si vuole aprire.
A Marzo 2016 feci l’inaugurazione del Centro.
Sì, decisi di mettere su un Centro: oltre all’ambulatorio infermieristico, ci sarebbe stata una parte del Centro dedicata alle Terapia Complementari per un’integrazione delle cure. Una scelta totalmente in linea con il mio modo di lavorare Olistico. Ho sempre usato infatti il Tocco nel mio lavoro per la diminuzione del dolore e indurre il riposo sui pazienti ricoverati nei raparti in cui ho lavorato. Ma con questa nuova scelta potevo sfruttare al meglio queste mie conoscenze, dedicandomi totalmente ai bisogni dei miei pazienti. Non solo, volevo un Team che usasse le Terapie Complementari e che mi permettesse di creare attorno al cliente un percorso di cura che curasse non solo il corpo, ma anche la mente e le emozioni.
Ho chiamato all’appello tra le mie conoscenze operatori di terapie complementari e partimmo, così, per questa avventura in un mare turbolento fatto di difficoltà, spese ma anche tante soddisfazioni.
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Sara